A causa dell’emergenza pandemica gli operatori dello spettacolo hanno chiuso le proprie attività da un anno e i problemi che devono affrontare sono innumerevoli
“Bisogna che si cominci ad insegnare, soprattutto ai giovani, che il patrimonio culturale non è un inutile fardello, ma un veicolo determinante per formare le coscienze dei nostri connazionali” tuonava Dario Fo, ma a distanza di anni purtroppo la situazione non sembra essere cambiata. A causa dell’emergenza pandemica gli operatori dello spettacolo hanno chiuso le proprie attività da un anno e i problemi che devono affrontare sono innumerevoli, nonostante in Sicilia la riapertura fosse prevista per il 27 marzo, Giornata Mondiale del Teatro. Per questa occasione, Qds ha parlato dell’attuale situazione generale e dei progetti per il “Teatro Massimo” di Palermo, con Luciano Fiorino consigliere di indirizzo del teatro palermitano e membro della “Fondazione San’Elia”.
Per la Giornata Mondiale del Teatro era stata prevista la riapertura di cinema e teatri, purtroppo sfumata a causa della nuova istituzione della zona arancione in Sicilia, cosa ha comportato per voi la nuova chiusura?
«Speravamo di riaprire con Riccardo Muti sabato sera perché eravamo in zona gialla, per noi sarebbe stato un giorno di festa, ovviamente sappiamo che non è stato possibile. Al Teatro Massimo da un anno lavoriamo con due registri, perché abbiamo sempre il piano A e il piano B. Per Riccardo Muti era previsto che il pubblico fosse seduto sul palco, avevamo già realizzato i pannelli ignifughi che si devono interporre tra il palco e le poltroncine, avevamo fatto tutte le prove del caso. Poi quando siamo entrati in zona arancione siamo passati al piano B, pertanto il palco sarà occupato dagli operatori e dai tecnici che trasmetteranno il concerto sulla nostra WebTv, fermo restando che l’idea condivisa con Riccardo Muti è che tornerà, c’è tanta voglia da parte nostra, ma anche da parte sua».
Riccardo Muti in questi giorni ha già diretto l’orchestra giovanile e poi sabato sera sarà la volta della Messa da Requiem di Giuseppe Verdi…
«L’Orchestra Giovanile “Luigi Cherubini” è la sua orchestra, poi in questi giorni sta provando il Requiem di Verdi con la nostra orchestra e il nostro coro per andare in scena sabato sera».
Come state portando avanti l’attività teatrale del Massimo?
«Il Teatro Massimo non si è mai fermato, infatti, è stato il primo teatro lirico-sinfonico delle 14 fondazioni esistenti ad investire sulla Tv e sull’audiovisivo. La WebTv del “Massimo” è attiva da 5 anni, ad esempio a Capodanno organizziamo sempre un maxi schermo a Piazza Verdi in cui proiettiamo ciò che avviene in teatro, cioè il concerto dell’orchestra giovanile di mattina e lo spettacolo serale.
Soprattutto, durante tutte le giornate di festa, proiettiamo l’archivio delle opere che sono andate in scena al Teatro Massimo. La nostra Tv ha una vera e propria programmazione temporanea come nelle altre piattaforme.
Abbiamo sempre lavorato su questo aspetto per cui quando si è creato il problema della pandemia ci siamo riversati in modo particolare sull’esperienza già fatta e l’abbiamo in qualche modo arricchita di nuove professionalità e risorse materiali, perché abbiamo acquistato gli strumenti adatti e organizzato il teatro come se fosse un teatro da posa, la riconversione è stata praticamente immediata ».
La chiusura dei teatri come è stata vissuta dagli operatori?
«In modo drammatico, ma sostanzialmente facciamo sempre gli stessi discorsi perché in Italia, non si capisce per quale motivo, una serie di settori che vengono ritenuti meno importanti. È una specie di assunto, come i pregiudizi razziali o gli stereotipi sulle donne, ci sono una serie di convinzioni che strisciano all’interno della società italiana e sono vissute come normali.
La cultura non è considerata un bene di prima necessità e soprattutto viene dimenticato come sia un elemento che economicamente pesa all’interno del Pil del Paese, se ne stanno rendendo conto solamente oggi ma nonostante ciò continua a venire considerata secondaria perché prima c’è la produzione di beni.
Probabilmente in questo caso si tratta è anche di un problema legato alla percezione che l’essere umano ha delle cose, infatti, prima dell’aleatorio percepisce la fisicità. Se vedi una sedia è concreta, serve per sedersi, quindi deve essere prodotta. Invece, non conta che la cultura sia la base della crescita di un essere umano e quindi della società, non si percepisce perché non è tangibile.
Teatri e cinema avevano ampiamente dimostrato che rispettando i criteri sarebbero stati dei luoghi assolutamente sicuri, d’altro canto quando un teatro per 1000 persone è ridotto per ospitare 250 persone è ovvio che puoi produrre spettacoli per 250 persone. Non è fattibile ad esempio una produzione lirica che ha dei costi che possono aggirarsi dai 500 mila al milione di euro, diventa impossibile rientrarci.
È bene però aprire gli occhi soprattutto sulle piccole realtà, perché qui c’è la Fondazione Teatro Massimo che ha alle spalle una storia e un costrutto, ovviamente in questo momento sta affrontando tantissime difficoltà di natura economica, però in qualche modo ha le spalle un po’ più larghe. Il problema riguarda i piccoli operatori culturali che veramente stanno morendo, coloro che generalmente diventano fucina per l’arte e la cultura che verrà. È come se stessimo uccidendo il bambino in grembo ed è questo che mi preoccupa maggiormente, bisognerebbe agire subito».
Come funziona la WebTv del Teatro Massimo?
«È gratuita, si avvale delle donazioni e devo dire che le persone stanno apprezzando lo sforzo che stiamo facendo, infatti, ultimamente stanno donando parecchio e stiamo registrando numeri di partecipazione altissimi, arriviamo anche a 1000 utenti collegati in contemporanea come è successo per il galà lirico che generalmente conta numeri molti più bassi. Evidentemente, tali canali possono avvicinare alle opere le persone che non sono materialmente abituate ad andare a teatro».
Sei entrato da poco a far parte del Comitato Tecnico Scientifico della “Fondazione Sant’Elia”?
«L’insediamento ufficiale si è tenuto il 9 marzo, anche se abbiamo iniziato prima a lavorare sulle cose da fare. La Fondazione nasce su iniziativa della Città metropolitana di Palermo per la gestione e la valorizzazione dei beni artistici e monumentali palermitani, in particolar modo per due strutture: Palazzo Sant’Elia di via Maqueda e il Loggiato di San Bartolomeo, due posti meravigliosi che mi tolgono il fiato ogni volta che ci entro. Il Loggiato, in particolare, era conciato malissimo, poi è stato ristrutturato anche con l’aiuto dei privati ed è stato restituito alla fruizione. Da poco ha ospitato la mostra di Banksy che nonostante il Covid ha avuto molto successo. Come comitato tecnico scientifico ci occupiamo, quindi, di programmare le attività».
Cosa c’è in programma, invece, nel calendario del “Massimo”?
«Siamo molti ottimisti rispetto all’estate anche perché gestiamo lo spazio del “Teatro di Verdura”. Quest’anno abbiamo previsto di allargare il range temporale del Teatro di Verdura in cui stiamo già programmando un fitto calendario tra balletti, concerti e lirica che contiamo di fare in presenza. Inoltre, anche in funzione di questa mia doppia veste di operatore culturale a Palermo, con il Teatro Massimo organizzeremo una serie di attività insieme alla Fondazione Sant’Elia anche al Palazzo Sant’Elia e al Loggiato di San Bartolomeo».
Sonia Sabatino
FONTE