Joe Petrosino e “il mistero del cadavere nel barile”

Ancora una volta un giallo italiano, il genere letterario onnipresente nella classifica dei libri più venduti. Spaziando dal thriller al noir o al poliziesco e a tutte le possibili sfumature del genere, ce n’è sempre uno a presidiare la cima delle vendite. Il fenomeno del suo successo è planetario, ma quello italiano ha una sua matrice precisa, che affonda le radici oltre oceano, ne riscrive alcuni codici con peculiarità tutte nostrane: una dimensione più quotidiana e realistica fatta di sentimenti corrotti, di passioni personali, di ossessioni tipiche dell’essenza narrativa del melodramma.

Lo sa bene Salvo Toscano, palermitano del ’75, laureato in Giurisprudenza e nel ’96 migrato verso l’attività giornalistica con il Giornale di Sicilia. Ha collaborato con importanti testate giornalistiche e coordina la rivista siciliana “I love Sicilia” dal 2005, lo stesso anno in cui è iniziata la sua produzione letteraria oggi giunta a tredici racconti e tradotta anche in lingua inglese. L’autore si distingue per una scrittura avvincente, interessante, ironica, ricca di personaggi realmente esistiti e dipinti così bene da farli sentire vicini, tangibili a chi ne legge le gesta romanzate. 

Toscano, che ha dato vita alla coppia letteraria di successo dei fratelli palermitani Corsaro, stavolta si sposta negli Stati Uniti grazie ad un personaggio vissuto realmente all’inizio del ‘900: il poliziotto Joe Petrosino. Petrosino era un agente di origini italiane naturalizzato statunitense, un pioniere della lotta al crimine organizzato, ucciso dalla mafia a Palermo esattamente 110 anni fa ad appena 49 anni perché ritenuto un pericolo per i delinquenti.

“Joe Petrosino. Il mistero del cadavere nel barile”, presentato a Messina, si ispira a un caso reale. È il 1903 e a New York, all’interno di un barile abbandonato su un marciapiedi, viene ritrovato il cadavere, orribilmente mutilato, di un uomo. I sospetti portano verso la criminalità italiana. Ad occuparsi dell’orrendo omicidio è il “Dago”, il sergente Giuseppe Joe Petrosino, il più famoso detective di New York. L’unico dell’intero dipartimento di polizia della Grande Mela che, grazie alle sue umilissime origini italiane, è capace di passare inosservato tra i vicoli di Little Italy, capire i dialetti del sud della penisola, interpretare i simboli e le modalità delle prime organizzazioni criminali mafiose, come la temutissima “Mano Nera”.

Un thriller affascinante, ma anche un romanzo storico e politico che traccia uno spaccato di Italia e America nel ritratto di New York tra la fine del 1800 e i primi anni del ‘900. La povertà, l’immigrazione, lo scoglio di una lingua sconosciuta. Seguendo Petrosino ne scopriamo la natura buona, devota ai suoi connazionali e a quell’America che è nuova casa, nuova vita e matrigna indifferente e canzonatoria verso quegli italiani malconsiderati. La tappa messinese di presentazione del libro, arricchita da molte immagini d’epoca e dal dialogo dell’autore con Luciano Fiorino, è stata anche l’occasione per il pubblico di analizzare con l’autore quel delicato momento storico.

FONTE

Gazzetta del Sud

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